I limiti cerebrali della visione periferica

I deficit della visione periferica sono evidenti in condizioni di affollamento visivo, cioè quando un oggetto è confuso tra tanti altri: una nuova ricerca ha spiegato questo fenomeno sulla base degli schemi di attivazione dei neuroni della corteccia visiva. Il risultato potrebbe essere utile per la diagnosi e il trattamento dei disturbi della vista, come la degenerazione maculare legata all'età, caratterizzata da un deficit della visione centrale.

Se un cane attraversasse improvvisamente la strada di fronte a noi mentre guidiamo l'auto, la nostra visione periferica ci metterebbe subito in allarme. Ma la nostra capacità di capire esattamente e rapidamente la situazione dipenderebbe in larga misura dal fatto di essere in città, e di avere intorno cartelli stradali, semafori, passanti e negozi, oppure su una deserta strada di campagna.

Il cosiddetto "affollamento visivo” è infatti uno dei fattori che più compromettono l'acuità visiva periferica, e ciò dipende da un limite di elaborazione cerebrale, come ha dimostrato uno studio condotto da Peter J. Bex, della Northeastern University a Boston, negli Stati Uniti, e da William J. Harrison dell'Università di Cambridge, nel Regno Unito, e pubblicato su “Current Biology”.

Uno delle immagini utilizzate nel test visivo: fissando il punto a sinistra, i volontari dovevano indicare l'orientamento della "C" nera rispetto a quella verde.

"Quando gli oggetti presenti nella nostra visione periferica sono confusi tra tanti altri, un fenomeno noto come 'affollamento visivo' ostacola la nostra capacità di dare un senso a ciò che vediamo", ha spiegato Harrison. "L'affollamento visivo è onnipresente nelle scene naturali e influenza praticamente tutti i compiti quotidiani, dalla lettura alla guida dei veicoli, ma questo deficit di visione non è un problema dei nostri occhi, bensì un limite della capacità di elaborazione del cervello”.

Bex ed Harrison sono arrivati a questa conclusione sulla base di un test somministrato a un gruppo di volontari, a cui era richiesto di orientare una "C" rispetto a un'altra, rappresentata su uno schermo nella visione periferica, anche in presenza di diversi “fattori di distrazione”, come per esempio altre “C” concentriche alle prime con un orientamento diverso. Dall'analisi dei risultati dei test, è emerso che la presenza dei fattori di distrazione influenzava notevolmente le risposte.

Bex e Harrison hanno poi confrontato i risultati del test con un modello degli schemi con cui i neuroni della corteccia visiva rappresentano il campo visivo, scoprendo che i problemi nell'identificazione degli oggetti nella visione periferica sono dovuti principalmente a una combinazione di due fattori, prodotti dallo stesso meccanismo cerebrale sottostante.

In primo luogo, in una scena affollata la nostra risoluzione visiva è mediocre, il che significa che abbiamo difficoltà a localizzare in modo preciso i dettagli di un oggetto. In secondo luogo, una porzione di un oggetto può apparire “scambiata” con un'altra parte di un oggetto diverso.

Secondo gli autori, i risultati potrebbero avere importanti implicazioni per diagnosticare e trattare i disturbi della vista, come la degenerazione maculare legata all'età, che causa una debilitante cecità nella parte centrale del campo visivo, obbligando chi ne è colpito a fare affidamento solo sulla visione periferica.

“Al momento, può essere difficile quantificare la gravità del deficit visivo della degenerazione maculare”, ha concluso Harrison. “Il nostro metodo permetterebbe un attento esame della visione residua, ponendo così le premesse per mettere a punto migliori tecniche di riabilitazione”


Riferimenti
Harrison W.J., Bex P.J. (2015). A unifying model of orientation crowding in peripheral vision. Current Biology, 25(24), 3213-3219. Scarica il pdf